Il 3 gennaio prossimo, un venerdì, le pensioni messe in pagamento dall’Inps saranno rivalutate a un tasso dello 0,4%, in linea con l’indice di variazione dei prezzi per il 2020 comunicato dall’Istat. Per il 2019 non ci sarà alcun conguaglio, visto che l’Istat ha confermato la stima di una variazione dell’indice Foi all’1,1 per cento. Ma la rivalutazione delle pensioni, prevista dal decreto ministeriale in arrivo sulla Gazzetta Ufficiale, non rappresenta la sola novità dell’anno per il pianeta pensioni.
La seconda novità, positiva per chi si sta avvicinando all’età giusta per il ritiro, è che per la vecchiaia resta il limite invariato dei 67 anni. Lo sarà nel 2020, quando potranno utilizzare questo canale di uscita dal mercato del lavoro i nati del 1953, e nel 2021, per i nati del 1954. Confermate anche Ape social e Opzione donna, mentre se non arriveranno correttivi dell’ultimora al ddl Bilancio si avvia alla rottamazione l’Ape volontario e aziendale.
Rivalutazioni, si riparte dallo 0,4%
L’anno nuovo si aprirà con una rivalutazione degli assegni dello 0,4%, sulla base del tasso di inflazione del 2020 (variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi; il Foi) comunicato dall’Istat, come prevede il decreto ministeriale in pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
La rivalutazione verrà effettuata con un’elasticità variabile per fasce di importo che prevede, fino al 2021, una indicizzazione al 100% per gli assegni fino a quattro volte il minimo (2.052 euro lordi), e con un successivo decalage, nella misura del 77% per i trattamenti di volare compresi tra quattro e cinque volte il minimo, del 52% per i trattamenti tra cinque e sei volte il minimo, del 47% per i trattamenti tra sei e otto volte il minimo, del 45% per i trattamenti tra otto e e nove volte il minimo e del 40% per gli assegni superiori a nove volte il minimo. Il ragguaglio al 100% fino a quattro volte il minimo è stato deciso con il disegno di legge di Bilancio, ora al vaglio del Parlamento, un provvedimento contestato dai sindacati perché giudicato di portata troppo esigua e che potrebbe essere ancora modificato in Parlamento.
Ape sociale Opzione donna, un anno in più
In attesa del riordino (per ora solo annunciato) delle flessibilità pensionistiche, la manovra conferma per altri 12 mesi l’Ape sociale e Opzione donna. Partiamo da quest’ultimo canale di anticipo, in proroga ormai da diversi anni: potranno andare in pensione le lavoratrici che entro la fine di quest’anno avranno raggiunto i 35 anni di contributi e i 58 di età (59 se lavoratrici autonome).